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La parotite

← torna alle news lunedì 18 novembre 2019
Il viso gonfio e dolorante è il principale sintomo della parotite, che per questo viene anche comunemente chiamata “orecchioni”.

Si tratta di una malattia infantile che colpisce bambini e adolescenti tra i 5 e i 15 anni (ma può contagiare anche gli adulti), mentre i lattanti fino a 1 anno solitamente sono immuni e si manifesta molto raramente nei bambini di età inferiore ai 2 anni.
 
Generalmente si risolve in pochi giorni, con le cure adeguate e tante coccole ai piccoli pazienti.
 
La parotite: di cosa si tratta
La parotite è una malattia infettiva (causata dal virus Paramyxoviridae), la cui manifestazione più evidente è, appunto, la tumefazione delle ghiandole salivari. Si trasmette da persona a persona, attraverso il contatto diretto, tosse o starnuti.
 
La malattia è contagiosa nei sei giorni che precedono la comparsa dei sintomi e per i nove giorni successivi. L’inizio è brusco, con febbre e gonfiore, all’inizio da un lato solo del volto e poi da tutte e due. Ma possono anche esserci dei segnali premonitori, alla fine del periodo d’incubazione (che dura 18-20 giorni), come per esempio astenia (mancanza di forze/debolezza), malessere generale, senso di tensione alla regione parotidea e dolore nella masticazione.
Quando la parotite è conclamata, il dolore si irradia al collo e all’orecchio. La febbre supera di rado i 39°C, è di durata variabile da 2 a 7 giorni e si accompagna a cefalea e astenia: è la fase che più mette a dura prova i nostri bambini.

La diagnosi 
Benché i sintomi siano così evidenti, oltre che con l’esplorazione del cavo orale la diagnosi deve essere confermata dagli esami di laboratorio, con la ricerca degli anticorpi specifici. Esistono infatti malatie che vengono definite “similparotiti”, nelle quali l’agente eziologico non è il Paramyxovirus ma virus diversi.
 
La terapia
La cura è essenzialmente sintomatica, cioè finalizzata ad alleviare il dolore e la febbre e dunque volta ad aiutare il bambino a superare la fase acuta.
 
Vede l’impiego di analgesici per il trattamento del dolore causato dall’infiammazione e di antipiretici per controllare la febbre.
 
Per alleviare il dolore associato alla masticazione, può essere utile somministrare al piccolo paziente una dieta semiliquida.
 
Le complicanze
Nei bambini il decorso della parotite, come abbiamo visto, è generalmente benigno. Un terzo dei bambini infettati può addirittura non mostrare i sintomi.

 Tuttavia, non sono del tutto assenti rischi di complicazioni: encefaliti (1-2 casi su 10.000), meningiti (4-6%), pancreatiti (4%) e danni all’udito fino alla sordità (5 casi ogni 100.000).
Se, oltre alla febbre alta, compare rigidità del capo o del collo, nausea, vomito è necessario recarsi immediatamente al pronto soccorso.
 
Le complicazioni diventano più frequenti al crescere dell’età e negli adulti/anziani:
  • nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza di orchite (infiammazione dei testicoli) che, sebbene raramente, può evolvere in atrofia testicolare con conseguente sterilità
  • nella donna dopo la pubertà si può avere ooforite e mastite (senza conseguenze durature)
  • il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è asso- ciato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%).
La vaccinazione
In assenza di una cura specifica, il vaccino rimane l’arma migliore contro la parotite (che può essere trasmessa anche agli adulti con conseguenze gravi).
 
Dal 2017, per la frequenza scolastica di bambini e ragazzi di età compresa fra 0 e 16 anni, è diventata obbligatoria la vaccinazione contro alcune malattie, tra le quali la parotite, «sino a diversa successiva valutazione». Infatti, il Ministero della Salute, sulla base della verifica dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali eventualmente raggiunte, decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, potrà disporre la cessazione della stessa obbligatorietà.
Il vaccino contiene virus vivi attenuati, cioè modificati in modo da renderli innocui ma capaci di stimolare le difese naturali dell’organismo.
Garantisce una protezione efficace per almeno 10 anni nel 75-95% dei casi e induce la comparsa di anticorpi specifici in più del 95% dei vaccinati, conferendo un’immunità duratura nel tempo.
 
(Fonte: Società Italiana di Pediatria e Ministero della Salute)
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